Alex Palou porta a casa la $1 Million Challenge al Thermal Club. La particolare facility californiana, palcoscenico della prima gara IndyCar fuori campionato dal 2008, ha provveduto a regalarci un weekend sui generis.
A partire dalle ben nove ore di test, per poi seguire con le qualifiche a partire da venerdí, i cui gruppi sono stati definiti mediante sorteggio, fino alla giornata odierna.
Si è iniziato con le due batterie: la prima è stata caratterizzata da un lungo in partenza di Scott Dixon che ha investito Romain Grosjean. La DW12-Chevy #77 carambolava senza controllo colpendo l’incolpevole Rinus VeeKay, il quale rimbalzava anche su Christian Lundgaard, mentre Will Power era costretto ad andare largo per evitare il caos.
Full Course Yellow inevitabile, penalità per il sei volte campione e ripartenza con i dieci superstiti, capitanati da Felix Rosenqvist. Lo svedese è stato capace di tenere a bada Scott McLaughlin, poi Josef Newgarden, Christian Lundgaard, Agustin Canapino e Colton Herta, tutti qualificati per lo shootout finale. Appena fuori dai primi sei Nolan Siegel, al debutto assoluto in gara per Dale Coyne.
Dopo qualche minuto pronti via per la seconda batteria col team Ganassi in spolvero con Alex Palou in pole position, Marcus Armstrong a fianco e Linus Lundqvist dalla quarta piazzola. Il turno è stato movimentato alle tre Arrow McLaren, tra cui il solo Alexander Rossi è riuscito a farsi largo fino alla finale dopo aver avuto la meglio prima sui due compagni di squadra e poi sull’ancora inesperto Tom Blomqvist.
Grande exploit del Rahal Letterman Lanigan, che arriva al completo alla finale piazzando anche Graham Rahal e Pietro Fittipaldi tra i primi sei.
Il particolare regolamento della competizione prevedeva che la pole position venisse assegnata in base al miglior tempo in qualifica, per cui Palou si è ritrovato a fianco Rosenqvist, dietro Armstrong e McLaughlin, poi ancora Rahal e Newgarden.
Allo start dietro Palou è McLaughlin ad emergere in P2, ma in fondo al gruppo Herta e Canapino optano per una tattica attendista, evitando giusto di non perdere il giro dei primi, allo scopo di non rovinare troppo le gomme in vista della seconda parte di gara.
I due vengono imitati presto da Pietro Fittipaldi, in crisi di carburante a causa di un errore al rifornimento da parte della crew dell’RLL, e da Graham Rahal, in crisi con l’acceleratore. Problemi anche per la terza vettura del team, con problemi all’anteriore sinistra derivanti dal contatto alla partenza della manche, che costringono Lundgaard a partire dal fondo dopo la pausa di metà gara.
Con sole dieci vetture al via, stante la squalifica di Fittipaldi, cui era stato intimato di rifornire, i primi quattro: Palou, McLaughlin, Rosenqvist ed Armstrong, proseguono la loro corsa di testa, ma dietro sono Rossi ed Herta a movimentare (finalmente!) la competizione.
Il primo vince il duello con Newgarden ma permette a Lundqvist e ad Herta di passare, poi il californiano, avvantaggiato da gomme fresche, non solo passa lo svedese ma all’ultimo giro si innalza fino in quarta posizione su Armstrong, che manterrà fin sotto la bandiera a scacchi, che premia invece con 500,00 $ il campione in carica.
Che dire a consuntivo di questo evento? Sicuramente bellissima la location, specie per chi si è potuto permettere di godere la gara in diretta da una della case milionarie dei soci sparse tutt’intorno alla pista, ma speriamo che il format – reso comunque necessario dalle caratteristiche della venue – non venga ripreso in futuro nè dall’IndyCar Series, nè da altri campionati.
Prossimo appuntamento con l’IndyCar Series, con montepremi più ridotto ma punti validi per il campionato, a Long Beach il 21 aprile.
Piero Lonardo
Foto: NTT IndyCar Series